L’origine del profumo risale, infatti, e si interseca con una fondamentale scoperta per l'uomo: la scoperta del fuoco, quel lungo processo evolutivo che portò al suo controllo.

La magia è la capacità di dominare e controllare gli elementi e la natura e può essere intesa anche come una suggestione, un fascino allusivo. In entrambe le sue accezioni si può intuire quanto Profumo e Magia siano ineluttabilmente affini. Il Profumo immerge in suggestioni ed affascina come un incantesimo, ci permette viaggi temporali attraverso i ricordi, altera le nostre emozioni attraverso la sua latente potenza.

L’ antichissima origine del profumo, che si perde tra le nebbie ataviche del tempo dell’uomo, è la diretta conseguenza della capacità dell’essere umano di dominare le forze della natura ed i suoi elementi. L’origine del profumo risale, infatti, e si interseca con una fondamentale scoperta per l’uomo: la scoperta del fuoco, quel lungo processo evolutivo che portò al suo controllo. Possiamo dunque affermare che la storia del Profumo ha inizio proprio come una magia.

Gli albori del Profumo: l’età della Pietra

I primi utilizzi del fuoco da parte dell’Homo Erectus risalgono a 1,5 milioni di fa, all’epoca si iniziò a sfruttare il fuoco generato da eventi naturali, a raccoglierlo e a trasportarlo mantenendolo acceso fino al proprio accampamento. Reperti rinvenuti presso la Wonderwerk Cave in Sudafrica e risalenti a un milione di anni fa testimoniano l’utilizzo del fuoco in modo controllato attraverso combustioni intenzionali. Dai dati rinvenuti nella caverna è poi emerso che il combustibile era composto da erba, foglie e rametti, materiale che quindi sprigiona particolari e differenti odori quando viene bruciato. L’indagine sui primordi di quelle che sono state a tutti gli effetti le prime fumigazioni ci conduce attorno agli antichissimi primi focolari 400 000 anni fa, è proprio qui che l’uomo ha consapevolmente provato sensazioni legate al profumo: bruciando per casualità legni impregnati di resine, foglie e rametti di piante aromatiche. Come per magia è stato avvolto da fumi odorosi che salivano verso l’alto, da molecole chimiche sprigionate dalla combustione che avevano un effetto sulla sua mente e sul suo corpo, proprio come una magia. Il fuoco veniva considerato un dono degli Dei e il suo fumo, che si elevava verso l’alto, un tramite tra l’uomo e il cielo, attraverso cui veicolare preghiere, messaggi e dimostrazioni di gratitudine. Il fumo profumato diviene così un mezzo per raggiungere e venerare le dività e sarà proprio questa accezione sacra a dare origine alla parola “Profumo”, dal latino “Per Fumum” cioè attraverso il fumo.

Con il tempo, i nostri antenati, si resero conto che il profumo sprigionato dai falò mutava a seconda delle piante bruciate ed iniziarono a raccoglierle guidati dal differente odore e dall’esperienza empirica, scoprendo così che gli aghi di abete purificano l’aria mentre i semi di stramonio provocano visioni. 

Scavi effettuati a Skanidar, in Iraq, hanno riportato alla luce tombe di 60 000 anni fa ricoperte di piante che, molto probabilmente, avevano lo scopo di accompagnare e proteggere il defunto nell’aldilà e testimoniano come l’uomo di Neanderthal già conoscesse e facesse uso di pratiche rituali.

Possiamo dunque inserire la nascita del Profumo nell’età della Pietra e legarla alla figura di stregoni, sciamani e guaritrici che utilizzavano fumi odorosi per far salire le proprie orazioni al cielo e che individuarono e sperimentarono una moltitudine di piante aromatiche.

In Danimarca e nella parte meridionale della Svezia sono stati trovati panetti costituiti da sostanze aromatiche risalenti al 7200 a.C. che una volta bruciati ricordano la mirra e l’incenso.

Probabilmente fu proprio intorno ai fumi delle piante ritenute magiche che ebbero inizio le prime cerimonie religiose collettive.

Le fumigazioni durante l’età della pietra furono utilizzate per rituali propriziatori, a scopo terapeutico, protettivo e apotropaico, per celebrare riti funebri e per la divinazione attraverso l’utilizzo di specie botaniche allucinogene al fine di intraprendere viaggi ultraterreni e connettersi verso altre realtà o poter comunicare con gli Dei in stati di trance. A tale scopo erano in particolare utilizzate la Mandragora, il Giusquiamo, il Papavero e lo Stramonio.

Le principali piante utilizzate nella Preistoria per le fumigazioni erano l’abete comune, il larice, il pino, l’abete rosso, il rosmarino e il ginepro.

Il Ginepro

Il ginepro era venerato come pianta sacra e di protezione, il suo legno, i rami e le bacche venivano bruciati a scopi curativi e religiosi. Sono stati rinvenuti resti di piccole bacche di ginepro in prossimità di alcuni focolari risalenti all’Età della Pietra, si ipotizza trovassero impiego sia come alimento sia nelle fumigazioni insieme a rami secchi dell’arbusto.

Nella mitologia mesopotamica il Ginepro era la pianta sacra legata a Ishtar, la dea più potente e temuta, e si bruciavano le bacche o il legno per mettere questa divinità di buon umore ed evitare la sua ira.

Nell’antico Egitto, il ginepro, veniva utilizzato per le sue proprietà balsamiche nelle imbalsamazioni ed era uno dei componenti del Kyphi.

Secondo gli antichi Greci il fumo di ginepro aveva il potere di conferire facoltà divinatorie, veniva utilizzato durante riti di esorcismo, per purificare la casa, allontanare influenze negative e malattie, per proteggersi dagli spiriti maligni e dal malocchio. Il ginepro era utilizzato anche per dare forza agli atleti.

I Celti consideravano il ginepro una pianta di confine, un portale per accedere verso altri mondi, un rifugio per le anime dei morti e la dimora delle fate.

Nel Medioevo si riteneva che il suo fumo fosse in grado di allontanare i demoni ed era per questo considerato un albero protettore. Attraverso le fumigazioni di ginepro si riteneva si potesse allontanare spiriti maligni e influssi nocivi e patogeni. Era pensiero comune che le fumigazioni di ginepro proteggessero dai contagi e per questo motivo si accendevano grandi falò con legno di ginepro durante le pestilenze.

Effettivamente la resina di ginepro ha proprietà disinfettanti, antisettiche e balsamiche e per questo motivo veniva utilizzata in passato per purificare i luoghi di degenza, per infondere calore e per sciogliere i catarri. Nel Medioevo la resina di ginepro era utilizzata per il trattamento di dolori reumatici, ulcere, contusioni e paralisi, tra i vari metodi venivano utilizzate anche le fumigazioni: si esponevano le parti del corpo interessate al fumo prodotto dal legno bruciato. Le bacche erano utilizzate anche per realizzare talismani.

Nel 1500 si inizia a distillare il ginepro e a scoprire le sue capacità inebrianti, un secolo dopo si passò all’utilizzo delle bacche per la preparazione del Gin.

Tutt’oggi il ginepro è considerato il simbolo della vita dagli sciamani della Siberia che lo chiamano appunto “albero della vita”.

I nativi americani praticano ancora oggi fumigazioni di ginepro nei riti sacri e nelle cerimonie, per dare il benvenuto ad un ospite, per accompagnare canti e preghiere, per purificare cavalli e automobili prima di un viaggio, per ricongiungere tutte le cose con il creatore. Nel rituale della capanna sudatoria la pianta viene sparsa sulle pietre calde.

È interessante notare come le prime forme di utilizzo magico-rituale delle fumigazioni e quindi anche del profumo, così ancestrali e apparentemente lontane dall’uomo del nostro attuale secolo, in realtà continuino ad esistere e ad essere utilizzate, spesso mantenendo totalmente o comunque in parte il loro antico scopo e significato.

Un esempio può essere una fumigazione che ha utilizzi lontani nel tempo, originaria di un popolo oltreoceano e che attualmente è stata riscoperta anche in Europa grazie ai vari movimenti New Age ed è diventata di uso comune soprattutto negli ambienti olistici. La sua familiarità può aiutarci a comprendere quale sia il suo originario significato e ci dimostra che un utilizzo magico e rituale del profumo non fa solo parte del passato ma è ancora estremamente presente.

Salvia bianca e le popolazioni native dell’America del Nord

Il fumo della Salvia bianca viene utilizzato da millenni dai Nativi Americani ed è una delle sostanze maggiormente presenti nella loro tradizione.

Nell’America del Nord sono diffuse varie specie di salvia, utilizzate in modo diverso dalle tribù delle differenti regioni. Gli Apache e i gruppi stanziati nei territori più caldi bevono infusi di salvia per ridurre la perdita dei liquidi dovuta alla sudorazione e sembra che sia stato proprio grazie alle proprietà antisudorifere della salvia che gli Apache resistettero nel deserto in tempi di guerra. I Navajo ricorrono alle foglie tritate per curare le ustioni, altre tribù utilizzano impacchi di salvia per i dolori reumatici.

La salvia bianca detta “doh-loo-na” ma oggi anche semplicemente “white sage” è diffusa nella zona costiera del sud della California, per il suo effetto altamente purificatore venne e tutt’ora viene utilizzata dai nativi americani nei rituali curativi, nella capanna sudatoria o in occasione di feste, per promuovere il cammino verso la saggezza e la consapevolezza, per rendere la mente lucida, scacciare i pensieri e le negatività, per potenziare la memoria. Anche gli ambienti e gli oggetti vengono esposti ai fumi della salvia bianca.

La salvia è stata utilizzata presso tutte le civiltà antiche nelle cui terre era diffusa: la salvia era, come il ginepro, una sostanza presente nel Kyphi, i Celti utilizzavano la salvia in bevande per indurre stati di coscienza alterati e predire il futuro, a Creta veniva bruciata per allontanare le negatività e purificare gli ambienti. Ritengo sia interessante e uno spunto di riflessione notare che civiltà molto lontane fisicamente e nel tempo abbiano utilizzato in maniera simile le stesse erbe conferendone un analogo valore magico-spirituale.

Le piante per fumigazione usate dai nativi d’America sono energia pura, sono regali della Madre Terra che accompagnano l’uomo nel proprio viaggio verso la sua origine: il cielo. Le popolazioni native del centro e nord America hanno conservato quel bagaglio culturale che considera la terra come madre, il cielo come padre e tutti gli esseri viventi come fratelli e sorelle per questo hanno profondo rispetto delle piante, degli animali, dell’ambiente e degli altri uomini. Comprendere il culto religioso della Madre Terra e di tutti i suoi figli ci aiuta a comprendere anche il valore spirituale che i nativi danno al profumo.

La mente dei nativi segue il fumo delle fumigazioni che si leva verso il creatore, Wakan Tanka. Le piante aiutano gli uomini nel proprio percorso spirituale, a vivere in equilibrio con tutti gli altri esseri viventi, con rispetto verso la natura, con coraggio, pace ed onestà, ad allontanare le negatività, a purificare gli ambienti, a trovare il senso della vita favorendo le visioni e a vivere in armonia con l’intero universo. I fumi sacri e profumati donano a ciascuno la capacità di comprendere la propria missione nella vita. Le fumigazioni sono utilizzate dai nativi americani anche durante cerimonie terapeutiche, rituali di iniziazione, danze sacre e consigli tribali. La fumigazione è per i nativi un tramite tra l’uomo e le energie divine, rappresenta la via d’accesso alle forze cosmiche.

Da sempre i nativi d’America bruciano erbe in coppette di ceramica, su pietre ardenti, tegami di ferro, gusci di conchiglie dove cospargono uno strato di sabbia e poggiano del carbone ardente. Utilizzano poi penne per mantenere acceso il carbone e diffondere il fumo.

Palo Santo, le popolazioni del Centro e Sud America e il Copale

Un’altra fumigazione che ormai è di uso comune, soprattutto in ambienti olistici durante pratiche di aromaterapia, meditazione o sessioni di yoga, ma anche per purificare l’aria di un ambiente o semplicemente profumarlo è il Palo Santo.

Per comprendere la storia del Palo Santo dobbiamo viaggiare verso il Sud e il Centro America al tempo degli Inca ( tra il XIII e il XVI secolo). Gli sciamani Inca e i guaritori delle Ande utilizzavano il Palo Santo durante i rituali di purificazione, guarigione e connessione con la natura. Gli Inca lo usavano come offerta per gli dei e per allontanare gli spiriti maligni.

Il Palo Santo è il legno dell’albero Bursera Graveolens, pianta tropicale presente soprattutto in Ecuador e Perù, se ne utilizza sia il legno che la resina. A scopo terapeutico se ne fanno fumigazioni per curare dolori muscolari, infiammazioni e malattie infettive, la resina infatti è ricca di terpeni tra cui il limonene e l’a-terpineolo e per questo ha proprietà antibatteriche, antinfiammatorie, ansiolitiche e rilassanti e può essere massaggiata direttamente sul corpo con l’ausilio di oli vettori. Se ne possono anche fare unguenti. Le fumigazioni sono utilizzate per armonizzare, rilassare e come antidepressivo.

Per poter ottenere un legno di palo santo con le sue effettive proprietà aromatiche e terapeutiche si utilizzano alberi morti naturalmente che abbiano vissuto dai 50 ai 90 anni, i rami poi devono stagionare a terra dai 4 ai 5 anni o anche di più affinché possano svilupparsi le biomolecole necessarie ed il ricco aroma. Purtroppo la raccolta eccessiva di alberi giovani ed anche raccolte illegali dovute a una sempre maggiore richiesta hanno messo in pericolo la specie. La raccolta tradizionale invece è sostenibile e in pieno rispetto della natura e delle comunità locali poiché si rispettano i tempi di vita e di morte naturali della pianta. Per questo motivo il Palo Santo va utilizzato con rispetto e parsimonia, riconoscendone il valore come un meraviglioso dono della natura.

Il nome “Palo Santo” cioè “Legno Sacro” o “Legno dei Santi” li fu attribuito dai monaci spagnoli dopo aver osservato l’uso che le popolazioni native facevano di questo legno durante i loro rituali e lo integrarono nelle proprie pratiche religiose come un incenso.

Le antiche civiltà dei Maya, degli Atzechi e degli Incas (III-XVI secolo) raggiunsero livelli altissimi di conoscenze botaniche, mediche e farmacologiche. Purtroppo gran parte di questo bagaglio culturale è stato distrutto dai conquistadores che annientarono completamente questi popoli. Restano poche preziose testimonianze tra cui la documentazione del medico spagnolo Hernandéz inviato in America da Filippo II proprio per studiare le tecniche terapeutiche di questi popoli. Hernandéz si stupì di come popolazioni ritenute primitive potessero avere conoscenze mediche di gran lunga superiori a quelle europee dell’epoca: le popolazioni precolombiane con il quale Hernandéz entrò in contatto conoscevano le proprietà curative e le caratteristiche botaniche di oltre 4000 piante.

Presso le antiche civiltà del Messico e del Perù la fumigazione era una componente fondamentale utilizzata in riti magici, religiosi e a fini curativi. Fu proprio con gli incensi che le popolazioni locali accolsero i conquistadores.

Le miscele di resine e piante utilizzate durante le fumigazioni sacre erano preparate dai sacerdoti i quali potevano anche assumere piante allucinogene per connettersi con gli dei e ricevere direttamente da loro le ricette da realizzare. Le sostanze aromatiche erano associate a determinati colori, suoni, pietre e addirittura agli astri. Le medicine venivano prescritte in base all’oroscopo del malato e ad un complesso calendario. Nella medicina era notevole il ruolo svolto dalle piante aromatiche e i forti effetti sul corpo ma anche sull’anima fino alla purificazione dai propri peccati.

I boschi dell’America Centrale e Meridionale ospitano una quantità immensa di piante officinali che alcune tribù tutt’oggi utilizzano a scopo curativo e nei rituali magici, molte delle quali sono ancora sconosciute in Occidente.

Uno degli incensi più importanti presso le culture precolombiane era la resina Copale definita “Fluido Vitale” nel Popol Vuh, il testo sacro dei Maya: venne donata agli uomini dal Dio della terra che la fece sgorgare dall’albero della vita. Per i Maya il Copale incarnava la presenza degli dei. La resina più pregiata era considerata quella secreta dagli alberi colpiti da un fulmine poiché significava che il dio dei fulmini intendeva donare la propria forza agli uomini. Era ritenuta così importante che non poteva essere toccata direttamente ma solo tramite strumenti in legno, tale tradizione esiste tutt’ora in alcuni gruppi indigeni. Si estrae da diversi tipi di alberi e piante. Esistono tre diversi tipi di Copale: bianca, oro e nera la cui miscela costituiva “l’incenso degli dei” che veniva donato alla divinità. Secondo la mitologia Popol Vuh le tre varietà di copale furono donate agli uomini da tre diversi giaguari, animale associato al culto del sole. Le tre diverse tipologie di Copale hanno diverse caratteristiche ma derivano tutte dalla stessa pianta: il Copale bianco viene raccolto quando è ancora liquido e fatto essiccare su uno strato di foglie, ha un profumo delicato e fruttato ed è utilizzato per purificare. Il Copale nero detto “della notte” è il più pregiato e costoso, ha un profumo balsamico e intenso e proprietà calmanti, viene utilizzato per entrare in contatto con i recessi celati e oscuri dell’anima e racchiude in sé l’energia delle tenebre. Il Copale oro, dal colore ambrato e dal profumo avvolgente e caldo, veniva bruciato dai Maya in onore del sole, stimola i sensi, la fantasia e l’intuizione.

Presso gli incas il Copale era consacrato al sole e considerato il cibo degli dei.

Elisa Zadi Artista e Alice Rita Giugni Maître Parfumeur

Vi è mai capitato di osservare un dipinto e di immaginarne il profumo? A me è capitato spessissimo, sin da quando, da bambina, ho iniziato a conoscere i primi grandi artisti e ad osservare sui miei atlanti dell’arte le loro opere. Crescendo poi, quando ho cominciato a visitare musei e mostre d’arte e a trovarmi direttamente davanti ad un’opera, le fantasie su che profumo potesse avere quel dipinto divenivano sempre più potenti.
Oggi, attraverso il mio lavoro, ho finalmente concretizzato quelle fantasie realizzando profumi ispirati a dipinti ed opere d’arte, fragranze che accompagnano mostre e aiutano lo spettatore ad entrare ancora di più nel mondo di un artista e delle sue opere.

L’incontro con l’artista Elisa Zadi ed i dipinti olfattivi

Proprio durante una mostra d’arte: la suggestiva mostra Connessioni presso la galleria San Lorenzo Arte a Poppi, curata da Silvia Rossi, entrai in contatto con le opere dell’artista Elisa Zadi, che esponeva insieme all’artista Laura Serafini. In tale occasione io realizzai un profumo artistico per ambiente ispirato al senso della mostra nel suo complesso e alle opere delle due artiste, portando così anche l’arte olfattiva all’interno dell’evento. Durante quell’occasione nacque una connessione, appunto, tra me ed Elisa Zadi. Io rimasi affascinata dalla sua arte, fonte già da allora per me di grande ispirazione e lei ebbe l’intuizione di spingersi ancora oltre nel coniugare la pittura e il profumo dando vita a dipinti olfattivi. Avevo sempre sognato di poter creare un profumo che fosse direttamente diffuso da un dipinto e per questo sarò sempre grata ad Elisa per avermi dato l’occasione di poterlo fare.
Da questa idea è nato il profumo Florilegium. La fragranza viene diffusa direttamente dalle cornici di alcuni dipinti di Elisa Zadi che fanno parte della mostra Florilegium Cruentum, curata da Laura Davitti e visitabile fino al 27 ottobre presso il Museo di Fraternita dei Laici di Arezzo.
Il profumo Florilegium è percepibile avvicinandosi alla cornice di alcune opere proprio come se fossero i soggetti stessi del dipinto, vivi e vibranti, ad emanarlo. Lo spettatore vive così un’esperienza completamente immersiva, in cui si fondono sensazioni visive, olfattive ed emozionali.
I dipinti olfattivi, attraverso il profumo, penetrano ancora di più in profondità nello spettatore e la sensazione è quella di essere per un istante all’interno dell’opera o che i vari elementi del quadro ne siano usciti e si possano percepire in quella che diviene una vera e propria esperienza sinestetica.


Florilegium

Florilegium è il profumo dell’anima delle opere dell’artista Elisa Zadi: della delicata, femminile, fertile e invincibile bellezza della Natura e del suo rapporto con l’essere umano. La fragranza è una leggera ed elegante danza tra piante aromatiche e fiori presenti nel giardino dell’artista come l’iris, scelti dalla stessa Elisa Zadi attraverso una degustazione olfattiva da me guidata. La base del profumo è verde e balsamica: umidi muschi, resine che richiamano il bosco e l’odore di trementina della pittura, terrose radici e legni. Florilegium è la chiave olfattiva per entrare ancora di più in simbiosi con la natura attraverso le opere dell’artista. Ogni nota richiama elementi presenti nei dipinti o traduce a livello olfattivo un colore scelto. Il profumo è stato realizzato artigianalmente con materie prime naturali, è vegano, cruelty free ed ecosostenibile.

Opere dell’Artista Elisa Zadi

il tiglio aiuta a migliorare la qualità dell'aria e a ridurre l'inquinamento, grazie alla sua capacità di filtraggio delle particelle di polvere e di assorbimento dei gas inquinanti.

Nella mia città oggi è iniziato il progetto che prevede l’abbattimento di 47 meravigliosi alberi di tiglio, sani e longevi, lungo un viale di cui, per decenni, ne sono stati simbolo. 
Questo è l’ennesimo esempio di come l’essere umano, ancora, non sia capace di convivere con la natura, non ne sappia apprezzare i doni e non riesca a trovare soluzioni alternative alla distruzione di ciò che considera “problematico” o fastidioso. 
In onore a quelle splendide vite spezzate che in questi anni hanno solo regalato alla mia città bellezza, ossigeno, ombra, refrigerio ed il loro avvolgente profumo, ho deciso di scrivere questo articolo sulle proprietà del tiglio. 
La mia speranza è che, conoscendo meglio la natura, si possa iniziare a considerarla una risorsa e un’alleata e non una nemica da combattere. 

L’importanza dei tigli

Prima di tutto in ambiente urbano, il tiglio aiuta a migliorare la qualità dell’aria e a ridurre l’inquinamento, grazie alla sua capacità di filtraggio delle particelle di polvere e di assorbimento dei gas inquinanti.
È considerato un vero e proprio albero antismog ed assorbe 2.800 kg di CO2.
Ecco perché la sua presenza lungo strade e viali è così importante, oltre a contribuire al refrigerio nei periodi più caldi e a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Le grandi foglie dei tigli e i suoi fiori profumati inoltre, creano un habitat ideale per insetti e uccelli, fondamentali impollinatori. 
È un albero estremamente resistente sia alla siccità che al gelo e longevo: può arrivare fino a mille anni. 

Proprietà del Tiglio 

In fitoterapia il tiglio è utilizzato per favorire il rilassamento e il riposo, viene utilizzato come integratore naturale per combattere l’insonnia e migliorare la qualità del sonno. 
Il tiglio, inoltre, è un valido ansiolitico: contrasta agitazione, nervosismo e tachicardia e può essere un aiuto in caso di ansia e stress. 
Si utilizza il tiglio anche nel trattamento delle malattie da raffreddamento e negli stati influenzali poiché abbassa la febbre, riduce l’emicrania e soprattutto è un ottimo calmante per la tosse. 
A livello cutaneo è emolliente e lenitivo. Le tisane e i decotti di tiglio possono essere utilizzati anche come impacchi.
La farmacopea erboristica britannica menziona la concreta di tiglio come valido rimedio contro le vertigini e le palpitazioni.
Generalmente, l’utilizzo del tiglio è sconsigliato ai cardiopatici, in gravidanza e durante l’allattamento e a chi è allergico ad uno dei suoi componenti. 
Per l’utilizzo del tiglio e di qualsiasi altra pianta rivolgersi sempre a un esperto qualificato ed evitare il “fai da te”.

Il Tiglio in profumeria 

Il tiglio viene utilizzato in profumeria, in cosmetica e in saponeria.
Dai fiori essiccati del tiglio si ottiene un’essenza concreta attraverso estrazione mediante solvente. Questa essenza presenta proprietà emollienti e sedative, ha sfumature olfattive verdi e fiorite con un sottotono dolce, mielato e leggermente silvestre. 
Il profumo di tiglio favorisce i rapporti umani, calma e distende gli animi, addolcisce i pensieri, simboleggia il trionfo dell’estate. 

Curiosità 

Il tiglio è simbolo di femminilità e fertilità: era considerato, nell’antica Grecia, sacro alla dea Afrodite, divinità dell’amore e della bellezza. Inoltre è anche il simbolo dell’amore coniugale, probabilmente per la storia di Bauci e Filemone. Bauci e Filemone erano due vecchi sposi, molto innamorati l’uno dell’altra. Un giorno bussarono alla loro porta Zeus ed Ermes sotto sembianze umane. Gli Dei erano stati scacciati da tutti gli altri abitanti del villaggio, ma i due anziani sposi, invece, furono gli unici che li accolsero benevolmente. Le due divinità concessero all’anziana coppia di sopravvivere alla punizione che avrebbero inflitto a tutti gli altri abitanti e di esaudire la loro preghiera di morire insieme. Giunta la loro ora, i due anziani coniugi iniziarono a trasformarsi, Bauci in una quercia e Filemone in un tiglio: uniti per sempre, l’uno accanto all’altra.

Ma da cosa è dovuto quello spumeggiante mix di salato, alghe e di zolfo che rende così peculiare il profumo del mare? 

Il Profumo del Mare: inconfondibile, travolgente come i ricordi e il turbinio di emozioni e sensazioni che lascia riemergere. Per qualcuno è l’odore delle vacanze e dell’estate, per chi vive sulla costa è il profumo di casa…
Ma da cosa è dovuto quello spumeggiante mix di salato, alghe e di zolfo che rende così peculiare il profumo del mare? 
L’odore del mare è dovuto principalmente a 3 molecole:

  1. Solfuro dimetile. 

Detto anche dimetil solfuro o DMS è il responsabile del caratteristico odore di salsedine e di alghe che si sente camminando lungo le coste o sulla spiaggia. È la molecola responsabile anche del caratteristico odore delle paludi, del tartufo, di alcuni formaggi, vini e birre.
Gli uccelli marini sfruttano questo particolare odore per identificare le aree più ricche di pesce.
Il solfuro dimetile è prodotto, in mare, dai batteri che digeriscono il fitoplancton. Il fitoplancton usa un precursore del DMS per difendersi dai raggi solari e quando muore libera in mare questa sorta di filtro solare. i batteri che se ne nutrono producono così il dimetil solfuro come prodotto di scarto della loro digestione. 
Il dimetil solfuro appartiene ai tioeteri, una classe di sostanze organiche con formula generale R­­-S-R’, caratterizzate da un atomo di zolfo centrale collegato a due gruppi sostitutivi. Nel caso del DMS, lo zolfo si lega a due gruppi metili -CH3. 
Questo composto viene prodotto anche attraverso attività industriali e durante le eruzioni vulcaniche.

  1. Dictioptereni. 

I dictioptereni sono i feromoni sessuali di alcune specie di alghe: sono prodotti dagli organi sessuali delle alghe brune e svolgono il compito di richiamo sessuale usate dalle femmine per attrarre i maschi. Insieme al DSM, anche i dictioptereni fungono da indicatori per gli uccelli marini della presenza di cibo.
Sono responsabili del tipico odore di alghe secche.
I dictioptereni sono composti organici aliciclici dalla formula C11H16 o C11H18 che contengono uno o più anelli di carbonio che possono essere sia saturi che insaturi.

  1. Bromofenoli. 

È dovuto ai bromofenoli il piacevole profumo di mare tipico di bivalvi, crostacei e molluschi.
I bromofenoli sono composti chimici che producono l’aroma di iodio.
Sono prodotti da microrganismi che vivono sui fondali e sono caratterizzati dalla presenza di un anello benzenico in cui gli atomi di idrogeno vengono sostituiti, completamente o in parte, con almeno un gruppo ossidrile -OH e un atomo di bromo -Br.
Le creature acquatiche selvatiche hanno concentrazioni di bromofenoli più alte rispetto a quelle allevate in cattività. I vari tentativi di aggiungere bromofenoli alla dieta di pesci da allevamento, per farli profumare di mare, ha dato scarsi se non nulli risultati. 
Si profuma di mare se si viene veramente dal mare.

I benefici del mare e del suo Profumo 

“Di fronte al mare i pensieri diventano carezze” Elena Asaftei

Il mare induce alla quiete e ci aiuta a rilassarci e placare i pensieri, ma perché? 
I fattori in gioco sono molteplici e si può proprio parlare di una panacea sensoriale.
Il colore blu e azzurro del mare, secondo uno studio della Michigan State University, riduce i livelli di stress.
Il blu infonde calma e serenità, rallenta la respirazione e diminuisce la pressione sanguigna.
Oltre all’effetto visivo, il mare rilassa anche attraverso la cullante canzone delle sue onde.
Il suono delle onde induce un effetto ipnotico sulle persone e produce uno stato mentale  simile a quello che si ottiene attraverso la meditazione.
L’esposizione alla luce solare, poi, incrementa la sintesi di vitamina D che aiuta a contrastare l’insorgere della depressione e a mantenere dunque il buon umore. 
Anche Il profumo del mare ha un ruolo fondamentale sul suo potere benefico. Respirare l’aria salmastra, arricchita inoltre dai fiticomposti secreti dalle piante presenti sulla spiaggia o nelle vicinanze, contribuisce a regolare i livelli di serotonina: l’ormone del buon umore, riducendo i livelli di ansia e di stress.

Gli odori, inoltre, stimolano l’amigdala, sede dei ricordi e delle emozioni. 
Il profumo del mare non viene solo percepito a livello fisico, ma rimane imprintato a livello emozionale anche nei nostri ricordi, facendoci rivivere le sensazioni provate ogni volta che lo risentiamo. Per questo motivo sentire il profumo del mare ci ricorda subito le vacanze, l’estate, la libertà, il ritorno a casa e la propria terra per chi vi è nato… Quel bacio al profumo di salsedine.

I profumi marini

Negli anni ’80 e soprattutto negli anni ’90 compaiono per la prima volta i profumi marini, attraverso l’utilizzo di molecole sintetiche che richiamano sfaccettature acquatiche, ozoniche o oceaniche. La molecola che ha permesso la realizzazione di profumi marini o acquatici è il Calone (methylbenzodioxepinone), realizzata dalla Pfizer nel 1966. Questa nota ricorda la brezza marina, conferisce leggerezza e trasparenza alla fragranza, evocando sensazioni di libertà e spensieratezza. 

Se vuoi portare il profumo del mare sempre sulla tua pelle contattami per la realizzazione di un profumo acquatico o marino realizzato su misura che possa racchiudere i tuoi ricordi più belli.

La rosa è la protagonista del profumo, in richiamo al libro Matelda e per il suo forte valore simbolico, nonchè per rendere la fragranza elegante e raffinata come ho immaginato fosse la Contessa.

Nello splendido borgo di Poppi aleggia una presenza, ammaliante quanto la sua secolare storia: la bellissima contessa Matelda. 

Si narra che Matelda, vissuta intorno al 1200, fosse la moglie di un conte Guidi e che si parlasse della sua bellezza in tutto il Casentino. Alcuni uomini che frequentavano il castello iniziarono improvvisamente a sparire. I sospetti sulla tragica fine di questi uomini scomparsi ricaddero sulla contessa Matelda. Nel paese si iniziò a vociferare che la contessa attirasse al castello avvenenti uomini, li seducesse e che, dopo una notte di passione, li uccidesse facendoli passare attraverso sotterranei disseminati di trappole mortali. Un giorno, gli abitanti di Poppi, approfittando della partenza del conte, che spesso si assentava dal castello, decisero di punire Matelda per tutti gli omicidi commessi e la murarono viva nella Torre dei Diavoli dove morì di fame e di stenti nella più totale solitudine.

 Si dice che la sua anima tormentata ancora vaghi per il paese di Poppi. Qualcuno racconta di aver sentito in piena notte delle voci provenire dalla torre dei Diavoli, qualcun’altro sostiene di aver visto una donna vestita di bianco affacciarsi da una finestra del castello durante le notti di luna piena. C’è infine chi è convinto che, visitando il castello, capiti di avvertire un flebile e provocante richiamo accompagnato da gelidi soffi sul collo in grado di procurare brividi di terrore e al contempo di piacere.

Il profumo Matelda

Anche io mi sono lasciata ammaliare dal fascino senza tempo della contessa Matelda e dalla sua storia e per questo ho deciso di leggere il libro Matelda della scrittrice Maria Letizia Fani che nel suo racconto si pone l’obbiettivo di dare una voce ad una donna che non può e, probabilmente, non ha mai potuto raccontare la sua versione dei fatti.

Forse non potremo mai sapere la verità sulla storia di Matelda. Era davvero una sanguinaria che uccideva i propri amanti come una mantide religiosa dopo l’amplesso? O era solo un’innocente, vittima dell’invidia, dei pregiudizi e della misoginia della sua epoca? Non potendo rispondere a queste domande, ho deciso che, come la scrittrice Fani ha dato a Matelda una voce, io le avrei dato un profumo.

Il profumo Matelda è prima di tutto il profumo dell’epoca in cui la contessa è vissuta: ho utilizzato essenze e materie prime reperibili durante il Medioevo che erano largamente usate a fini cosmetici, basandomi su antichi testi e trattati medievali.

Per la fragranza ho scelto essenze alle quali già in epoca medievale veniva attribuito un forte potere afrodisiaco, immaginandola come una pozione che la stessa Matelda avrebbe potuto utilizzare per aumentare il proprio fascino. 

La rosa è la protagonista del profumo, in richiamo al libro Matelda e per il suo forte valore simbolico, nonchè per rendere la fragranza elegante e raffinata come ho immaginato fosse la contessa.

Alcune delle materie utilizzate sono poi tipiche della Toscana per omaggiare il Casentino e il paese di Poppi.

Le spezie conferiscono al profumo un’esplicita sensualità.

Il profumo Matelda, da vaporizzare nell’ambiente, ricrea un’atmosfera magica, intrigante e medievale, come una nuvola che trasporta indietro nei secoli.

La fragranza Matelda è stata presentata presso la galleria SanLorenzo Arte di Poppi durante l’evento Matelda e il profumo nel Medioevo in collaborazione con l’albergo SanLorenzo e sponsorizzato da Casentino.it , il Castello di Poppi e Poppi e il suo centro storico.

Il profumo Matelda è acquistabile nella sua versione spray per ambiente presso l’albergo San Lorenzo a Poppi o presso il mio Atelier del Profumo Alice Rita Giugni in via 7 marzo 16/A a Prato. Solo su ordinazione è inoltre possibile acquistare il profumo Matelda per la persona in alcol o in olio, quest’ultimo in flacone antico.

Isabella Turso e Alice Rita Giugni.

La musica e il profumo sono arti connesse all’invisibile e all’impalpabile, evanescenti ed istantanee sul momento quanto vivide, evocative ed indelebili nella memoria. Non si possono vedere e non si possono toccare ma si “sentono”: sentire, un verbo che utilizziamo per entrambe, sentiamo un suono e sentiamo un profumo.

Matsuo Bashō in un suo haiku scrive: “La campana del tempio tace, ma il suono continua a uscire dai fiori”. Il profumo dei fiori diviene dunque il loro suono.

Nel Kōdō, l’antica arte giapponese dell’ascolto dell’incenso, la fragranza si ascolta poiché questa, entrando in noi, attraverso il respiro, ci parla e comunica con la nostra anima.

Tanti sono i vocaboli che accomunano il mondo del profumo e il mondo della musica: note, accordi, composizione, compositore.

Il primo ad introdurre il concetto di note nella profumeria fu il chimico e profumiere George William Septimus Piesse, egli sostenne che il profumo potesse essere descritto correlando le famiglie olfattive alle note di una scala musicale, al fine di categorizzare e classificare le fragranze.

Nel 1857 realizzò l’Odaphone: la trasposizione delle note musicali in note olfattive, uno strumento per poter creare partiture per opere profumate. Piesse suggerì, inoltre, che suoni e profumi potessero essere fisiologicamente collegati anticipando così, nel 1862, quelle idee che sarebbero state alla base del concetto di Smound: termine che deriva dalla combinazione di smell e sound ed indica una percezione o un’esperienza sensoriale dovuta alla convergenza di suoni e profumi nel cervello. 

Un altro importante profumiere, Edmond Roudnitska, attinse al vocabolario della musica ed in particolare al termine “compositore” da utilizzare al posto dell’appellativo “naso” con il quale detestava essere indicato. Per Roudnitska, l’artista che crea la formula di un profumo è equiparabile al compositore che scrive le note di un pezzo musicale.

La stessa consolle utilizzata dai profumieri per contenere e suddividere i flaconi delle varie essenze e materie prime e che funge da piano d’appoggio, come una scrivania, per comporre la propria fragranza viene designata con il nome di uno strumento musicale: l’ organo del profumiere.

Musica e Profumi, oltre a condividere un vocabolario simile, hanno indubbiamente lo stesso potere evocativo: sono capaci di ricreare atmosfere, di riportare alla mente ricordi, far vivere e rivivere emozioni.

Il profumo è come una melodia: note ed accordi che creano un’armonia.

La musica ed i profumi sono due diversi ingredienti della stessa magia e magico è stato per me l’incontro con la compositrice e pianista Isabella Turso che mi ha dato la possibilità di realizzare un profumo in sinergetica sinestesia con la musica. Dall’unione alchemica delle mie essenze e delle sue note musicali è nato un racconto olfattivo: il racconto della Notte e il profumo di un album, l’album Nocturne di Isabella Turso, che ha dato l’ispirazione ed il nome al profumo stesso.

La fragranza nasce per ricreare le impressioni olfattive e le suggestioni che la notte regala, ricostruendone l’atmosfera, per donare all’ascoltatore un’esperienza sensoriale totalmente immersiva ed accompagna la tournée “Nightfall piano tour”.

Le essenze che compongono il profumo Nocturne sono state scelte personalmente dalla pianista durante una degustazione olfattiva da me guidata, tra quelle note che avrebbero potuto richiamare i brani dell’album e l’idea della notte. Il profumo è stato da me realizzato ed è maturato con il sottofondo dei brani dell’album. Questa evanescente danza tra anime nasce per ricreare l’atmosfera olfattiva in cui ascoltare l’album, è la nuvola profumata in cui avvolgersi mentre ci si lascia trasportare dalla poesia musicale di Isabella.

Nocturne è il profumo dei sogni, dei desideri incoffessabili, delle fantasie oniriche, delle ombre e delle luci che brillano nel buio, dei luoghi che esistono solo al calar del sole, è il profumo della notte e delle sue anime erranti.

Nel nostro attuale Occidente, figlio del consumismo più sfrenato, siamo abituati a concepire il profumo come un oggetto materiale, un accessorio legato alle mode e alle grandi firme, un prodotto commerciale.

In effetti oggi il profumo è un prodotto, ma non è solo questo, anzi… Non tutti i profumi sono solo questo.
Esiste infatti una realtà, quella della Profumeria Artistica, che riscontra nel profumo molto di più della sua sola natura materiale di mero oggetto e ne riconosce una vera e propria Anima.

Nell’antichità il Profumo era identificato come il tramite con il divino, era il ponte tra il cielo e la terra, era una forma di energia. Strettamente legato ai riti religiosi e ai rituali sciamanici, era fumo apotropaico, unguento di protezione con cui i soldati si cospargevano il corpo prima di una battaglia, pozione di guarigione, filtro afrodisiaco.
Il profumo era l’essudato delle divinità, il dono del Creatore per alleviare i dolori degli uomini, era terapia, era la porta e la chiave per altre dimensioni, era un messaggio da parte degli spiriti o delle anime dei cari defunti. Era Magia…

E tutto questo può esserlo ancora oggi.
Per la sua stessa natura il Profumo è sempre stato correlato al concetto di Anima, tanto che possiamo tranquillamente affermare che “il profumo ha una sua anima” e che “l’anima ha un suo profumo.”
L’Anima è designata con termini strettamente collegati all’idea della respirazione.

Pensiamo al greco ψυχή e ϑυμός [cfr. lat. Fumus, cioè fumo] e al latino Animus, connesso al greco ἄνεμος, «vento» ed infine al sanscrito ātman «alito».
E’ dunque il soffio vitale che conferisce energia al mondo e al nostro corpo e spira via quando esaliamo l’ultimo respiro.

Il Profumo a sua volta è “Fratello del respiro”, come possiamo leggere nel romanzo “Il Profumo” di Patrick Süskind : “Poichè gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo” e il profumo, proprio attraverso il respiro, penetra nell’uomo e va a stimolare direttamente il nostro Sistema Limbico, centro delle emozioni e della memoria, scatenando in noi reazioni e ricordi immediati. Siamo inermi dinanzi ad un odore perché smettere di percepire un profumo equivale a smettere di respirare e quindi di vivere.

Aria, Anima e Profumi danzano insieme nel nostro corpo al ritmo della nostra respirazione e del nostro battito cardiaco.

Attraverso l’atto respiratorio l’ossigeno nutre le nostre cellule mentre le molecole odorose regalano bellezza alla nostra anima stimolando in noi emozioni e ricordi.

Ma che profumo ha quindi l’anima di una persona?
Ha il profumo del suo vissuto, dei suoi affetti, delle sue emozioni, dei suoi sogni, dei suoi desideri, dei suoi progetti, dei suoi ideali, dei suoi antenati, delle sue radici e della sua terra, dei luoghi dov’è nata e cresciuta, dei suoi viaggi, di ciò che è stata, che è e che sarà.

Chi dedica la propria vita alla Profumeria Artistica si pone l’obbiettivo, mediante la combinazione delle essenze, di liquefare l’anima di colui che richiede un profumo creato su misura e di trasmutarla nella sua fragranza personalizzata.
Essendo un processo di creazione artistica, il  Maître Parfumeur riversa nei suoi profumi anche tutta la sua essenza, il suo amore, le sue emozioni, la sua passione, il suo sapere e di conseguenza la sua stessa anima.

L’Anima di un Profumo è quindi prima di tutto l’anima del suo creatore e può essere, come abbiamo appena detto, anche l’anima del committente nel caso di un profumo personalizzato, ma anche di un qualsiasi destinatario della fragranza, di un luogo che attraverso il profumo si vuole raccontare, di una storia. Un profumo così concepito vibra di energia, emozioni e Vita.

L’olfatto è il nostro senso più subliminale e potente: quando percepiamo un odore il nostro sistema nervoso reagisce immediatamente rispondendo a quel determinato stimolo e questo avviene prima che noi possiamo coscientemente riconoscere quello specifico odore poiché il messaggio olfattivo passa prima dal Sistema Limbico e solo successivamente dalla Neocorteccia (dove viene elaborato e riconosciuto il messaggio olfattivo).

Pensiamo di scegliere razionalmente persone e situazioni ma in realtà sono gli odori che ci guidano nelle nostre scelte.
È stato scientificamente confermato che coloro che possiedono un patrimonio genetico molto diverso dal nostro, e quindi con i quali possiamo procreare una prole più sana e forte, risultano avere al nostro naso un odore più gradevole rispetto a chi ha geni simili ai nostri.

È affascinante immaginare come le anime di due individui si scelgano un secondo prima che possano avvenire decisioni razionali in tal senso e che, ancor prima che i loro occhi possano perdersi l’uno nello sguardo dell’altro, i loro profumi stiano già fluttuando insieme in una danza tra Essenze affini.

Un articolo di Alice Rita Giugni per le DONNEDELLAPORTAACCANTO