Profumo e magia
La magia è la capacità di dominare e controllare gli elementi e la natura e può essere intesa anche come una suggestione, un fascino allusivo. In entrambe le sue accezioni si può intuire quanto Profumo e Magia siano ineluttabilmente affini. Il Profumo immerge in suggestioni ed affascina come un incantesimo, ci permette viaggi temporali attraverso i ricordi, altera le nostre emozioni attraverso la sua latente potenza.
L’ antichissima origine del profumo, che si perde tra le nebbie ataviche del tempo dell’uomo, è la diretta conseguenza della capacità dell’essere umano di dominare le forze della natura ed i suoi elementi. L’origine del profumo risale, infatti, e si interseca con una fondamentale scoperta per l’uomo: la scoperta del fuoco, quel lungo processo evolutivo che portò al suo controllo. Possiamo dunque affermare che la storia del Profumo ha inizio proprio come una magia.
Gli albori del Profumo: l’età della Pietra
I primi utilizzi del fuoco da parte dell’Homo Erectus risalgono a 1,5 milioni di fa, all’epoca si iniziò a sfruttare il fuoco generato da eventi naturali, a raccoglierlo e a trasportarlo mantenendolo acceso fino al proprio accampamento. Reperti rinvenuti presso la Wonderwerk Cave in Sudafrica e risalenti a un milione di anni fa testimoniano l’utilizzo del fuoco in modo controllato attraverso combustioni intenzionali. Dai dati rinvenuti nella caverna è poi emerso che il combustibile era composto da erba, foglie e rametti, materiale che quindi sprigiona particolari e differenti odori quando viene bruciato. L’indagine sui primordi di quelle che sono state a tutti gli effetti le prime fumigazioni ci conduce attorno agli antichissimi primi focolari 400 000 anni fa, è proprio qui che l’uomo ha consapevolmente provato sensazioni legate al profumo: bruciando per casualità legni impregnati di resine, foglie e rametti di piante aromatiche. Come per magia è stato avvolto da fumi odorosi che salivano verso l’alto, da molecole chimiche sprigionate dalla combustione che avevano un effetto sulla sua mente e sul suo corpo, proprio come una magia. Il fuoco veniva considerato un dono degli Dei e il suo fumo, che si elevava verso l’alto, un tramite tra l’uomo e il cielo, attraverso cui veicolare preghiere, messaggi e dimostrazioni di gratitudine. Il fumo profumato diviene così un mezzo per raggiungere e venerare le dività e sarà proprio questa accezione sacra a dare origine alla parola “Profumo”, dal latino “Per Fumum” cioè attraverso il fumo.
Con il tempo, i nostri antenati, si resero conto che il profumo sprigionato dai falò mutava a seconda delle piante bruciate ed iniziarono a raccoglierle guidati dal differente odore e dall’esperienza empirica, scoprendo così che gli aghi di abete purificano l’aria mentre i semi di stramonio provocano visioni.
Scavi effettuati a Skanidar, in Iraq, hanno riportato alla luce tombe di 60 000 anni fa ricoperte di piante che, molto probabilmente, avevano lo scopo di accompagnare e proteggere il defunto nell’aldilà e testimoniano come l’uomo di Neanderthal già conoscesse e facesse uso di pratiche rituali.
Possiamo dunque inserire la nascita del Profumo nell’età della Pietra e legarla alla figura di stregoni, sciamani e guaritrici che utilizzavano fumi odorosi per far salire le proprie orazioni al cielo e che individuarono e sperimentarono una moltitudine di piante aromatiche.
In Danimarca e nella parte meridionale della Svezia sono stati trovati panetti costituiti da sostanze aromatiche risalenti al 7200 a.C. che una volta bruciati ricordano la mirra e l’incenso.
Probabilmente fu proprio intorno ai fumi delle piante ritenute magiche che ebbero inizio le prime cerimonie religiose collettive.
Le fumigazioni durante l’età della pietra furono utilizzate per rituali propriziatori, a scopo terapeutico, protettivo e apotropaico, per celebrare riti funebri e per la divinazione attraverso l’utilizzo di specie botaniche allucinogene al fine di intraprendere viaggi ultraterreni e connettersi verso altre realtà o poter comunicare con gli Dei in stati di trance. A tale scopo erano in particolare utilizzate la Mandragora, il Giusquiamo, il Papavero e lo Stramonio.
Le principali piante utilizzate nella Preistoria per le fumigazioni erano l’abete comune, il larice, il pino, l’abete rosso, il rosmarino e il ginepro.
Il Ginepro
Il ginepro era venerato come pianta sacra e di protezione, il suo legno, i rami e le bacche venivano bruciati a scopi curativi e religiosi. Sono stati rinvenuti resti di piccole bacche di ginepro in prossimità di alcuni focolari risalenti all’Età della Pietra, si ipotizza trovassero impiego sia come alimento sia nelle fumigazioni insieme a rami secchi dell’arbusto.
Nella mitologia mesopotamica il Ginepro era la pianta sacra legata a Ishtar, la dea più potente e temuta, e si bruciavano le bacche o il legno per mettere questa divinità di buon umore ed evitare la sua ira.
Nell’antico Egitto, il ginepro, veniva utilizzato per le sue proprietà balsamiche nelle imbalsamazioni ed era uno dei componenti del Kyphi.
Secondo gli antichi Greci il fumo di ginepro aveva il potere di conferire facoltà divinatorie, veniva utilizzato durante riti di esorcismo, per purificare la casa, allontanare influenze negative e malattie, per proteggersi dagli spiriti maligni e dal malocchio. Il ginepro era utilizzato anche per dare forza agli atleti.
I Celti consideravano il ginepro una pianta di confine, un portale per accedere verso altri mondi, un rifugio per le anime dei morti e la dimora delle fate.
Nel Medioevo si riteneva che il suo fumo fosse in grado di allontanare i demoni ed era per questo considerato un albero protettore. Attraverso le fumigazioni di ginepro si riteneva si potesse allontanare spiriti maligni e influssi nocivi e patogeni. Era pensiero comune che le fumigazioni di ginepro proteggessero dai contagi e per questo motivo si accendevano grandi falò con legno di ginepro durante le pestilenze.
Effettivamente la resina di ginepro ha proprietà disinfettanti, antisettiche e balsamiche e per questo motivo veniva utilizzata in passato per purificare i luoghi di degenza, per infondere calore e per sciogliere i catarri. Nel Medioevo la resina di ginepro era utilizzata per il trattamento di dolori reumatici, ulcere, contusioni e paralisi, tra i vari metodi venivano utilizzate anche le fumigazioni: si esponevano le parti del corpo interessate al fumo prodotto dal legno bruciato. Le bacche erano utilizzate anche per realizzare talismani.
Nel 1500 si inizia a distillare il ginepro e a scoprire le sue capacità inebrianti, un secolo dopo si passò all’utilizzo delle bacche per la preparazione del Gin.
Tutt’oggi il ginepro è considerato il simbolo della vita dagli sciamani della Siberia che lo chiamano appunto “albero della vita”.
I nativi americani praticano ancora oggi fumigazioni di ginepro nei riti sacri e nelle cerimonie, per dare il benvenuto ad un ospite, per accompagnare canti e preghiere, per purificare cavalli e automobili prima di un viaggio, per ricongiungere tutte le cose con il creatore. Nel rituale della capanna sudatoria la pianta viene sparsa sulle pietre calde.
È interessante notare come le prime forme di utilizzo magico-rituale delle fumigazioni e quindi anche del profumo, così ancestrali e apparentemente lontane dall’uomo del nostro attuale secolo, in realtà continuino ad esistere e ad essere utilizzate, spesso mantenendo totalmente o comunque in parte il loro antico scopo e significato.
Un esempio può essere una fumigazione che ha utilizzi lontani nel tempo, originaria di un popolo oltreoceano e che attualmente è stata riscoperta anche in Europa grazie ai vari movimenti New Age ed è diventata di uso comune soprattutto negli ambienti olistici. La sua familiarità può aiutarci a comprendere quale sia il suo originario significato e ci dimostra che un utilizzo magico e rituale del profumo non fa solo parte del passato ma è ancora estremamente presente.
Salvia bianca e le popolazioni native dell’America del Nord
Il fumo della Salvia bianca viene utilizzato da millenni dai Nativi Americani ed è una delle sostanze maggiormente presenti nella loro tradizione.
Nell’America del Nord sono diffuse varie specie di salvia, utilizzate in modo diverso dalle tribù delle differenti regioni. Gli Apache e i gruppi stanziati nei territori più caldi bevono infusi di salvia per ridurre la perdita dei liquidi dovuta alla sudorazione e sembra che sia stato proprio grazie alle proprietà antisudorifere della salvia che gli Apache resistettero nel deserto in tempi di guerra. I Navajo ricorrono alle foglie tritate per curare le ustioni, altre tribù utilizzano impacchi di salvia per i dolori reumatici.
La salvia bianca detta “doh-loo-na” ma oggi anche semplicemente “white sage” è diffusa nella zona costiera del sud della California, per il suo effetto altamente purificatore venne e tutt’ora viene utilizzata dai nativi americani nei rituali curativi, nella capanna sudatoria o in occasione di feste, per promuovere il cammino verso la saggezza e la consapevolezza, per rendere la mente lucida, scacciare i pensieri e le negatività, per potenziare la memoria. Anche gli ambienti e gli oggetti vengono esposti ai fumi della salvia bianca.
La salvia è stata utilizzata presso tutte le civiltà antiche nelle cui terre era diffusa: la salvia era, come il ginepro, una sostanza presente nel Kyphi, i Celti utilizzavano la salvia in bevande per indurre stati di coscienza alterati e predire il futuro, a Creta veniva bruciata per allontanare le negatività e purificare gli ambienti. Ritengo sia interessante e uno spunto di riflessione notare che civiltà molto lontane fisicamente e nel tempo abbiano utilizzato in maniera simile le stesse erbe conferendone un analogo valore magico-spirituale.
Le piante per fumigazione usate dai nativi d’America sono energia pura, sono regali della Madre Terra che accompagnano l’uomo nel proprio viaggio verso la sua origine: il cielo. Le popolazioni native del centro e nord America hanno conservato quel bagaglio culturale che considera la terra come madre, il cielo come padre e tutti gli esseri viventi come fratelli e sorelle per questo hanno profondo rispetto delle piante, degli animali, dell’ambiente e degli altri uomini. Comprendere il culto religioso della Madre Terra e di tutti i suoi figli ci aiuta a comprendere anche il valore spirituale che i nativi danno al profumo.
La mente dei nativi segue il fumo delle fumigazioni che si leva verso il creatore, Wakan Tanka. Le piante aiutano gli uomini nel proprio percorso spirituale, a vivere in equilibrio con tutti gli altri esseri viventi, con rispetto verso la natura, con coraggio, pace ed onestà, ad allontanare le negatività, a purificare gli ambienti, a trovare il senso della vita favorendo le visioni e a vivere in armonia con l’intero universo. I fumi sacri e profumati donano a ciascuno la capacità di comprendere la propria missione nella vita. Le fumigazioni sono utilizzate dai nativi americani anche durante cerimonie terapeutiche, rituali di iniziazione, danze sacre e consigli tribali. La fumigazione è per i nativi un tramite tra l’uomo e le energie divine, rappresenta la via d’accesso alle forze cosmiche.
Da sempre i nativi d’America bruciano erbe in coppette di ceramica, su pietre ardenti, tegami di ferro, gusci di conchiglie dove cospargono uno strato di sabbia e poggiano del carbone ardente. Utilizzano poi penne per mantenere acceso il carbone e diffondere il fumo.
Palo Santo, le popolazioni del Centro e Sud America e il Copale
Un’altra fumigazione che ormai è di uso comune, soprattutto in ambienti olistici durante pratiche di aromaterapia, meditazione o sessioni di yoga, ma anche per purificare l’aria di un ambiente o semplicemente profumarlo è il Palo Santo.
Per comprendere la storia del Palo Santo dobbiamo viaggiare verso il Sud e il Centro America al tempo degli Inca ( tra il XIII e il XVI secolo). Gli sciamani Inca e i guaritori delle Ande utilizzavano il Palo Santo durante i rituali di purificazione, guarigione e connessione con la natura. Gli Inca lo usavano come offerta per gli dei e per allontanare gli spiriti maligni.
Il Palo Santo è il legno dell’albero Bursera Graveolens, pianta tropicale presente soprattutto in Ecuador e Perù, se ne utilizza sia il legno che la resina. A scopo terapeutico se ne fanno fumigazioni per curare dolori muscolari, infiammazioni e malattie infettive, la resina infatti è ricca di terpeni tra cui il limonene e l’a-terpineolo e per questo ha proprietà antibatteriche, antinfiammatorie, ansiolitiche e rilassanti e può essere massaggiata direttamente sul corpo con l’ausilio di oli vettori. Se ne possono anche fare unguenti. Le fumigazioni sono utilizzate per armonizzare, rilassare e come antidepressivo.
Per poter ottenere un legno di palo santo con le sue effettive proprietà aromatiche e terapeutiche si utilizzano alberi morti naturalmente che abbiano vissuto dai 50 ai 90 anni, i rami poi devono stagionare a terra dai 4 ai 5 anni o anche di più affinché possano svilupparsi le biomolecole necessarie ed il ricco aroma. Purtroppo la raccolta eccessiva di alberi giovani ed anche raccolte illegali dovute a una sempre maggiore richiesta hanno messo in pericolo la specie. La raccolta tradizionale invece è sostenibile e in pieno rispetto della natura e delle comunità locali poiché si rispettano i tempi di vita e di morte naturali della pianta. Per questo motivo il Palo Santo va utilizzato con rispetto e parsimonia, riconoscendone il valore come un meraviglioso dono della natura.
Il nome “Palo Santo” cioè “Legno Sacro” o “Legno dei Santi” li fu attribuito dai monaci spagnoli dopo aver osservato l’uso che le popolazioni native facevano di questo legno durante i loro rituali e lo integrarono nelle proprie pratiche religiose come un incenso.
Le antiche civiltà dei Maya, degli Atzechi e degli Incas (III-XVI secolo) raggiunsero livelli altissimi di conoscenze botaniche, mediche e farmacologiche. Purtroppo gran parte di questo bagaglio culturale è stato distrutto dai conquistadores che annientarono completamente questi popoli. Restano poche preziose testimonianze tra cui la documentazione del medico spagnolo Hernandéz inviato in America da Filippo II proprio per studiare le tecniche terapeutiche di questi popoli. Hernandéz si stupì di come popolazioni ritenute primitive potessero avere conoscenze mediche di gran lunga superiori a quelle europee dell’epoca: le popolazioni precolombiane con il quale Hernandéz entrò in contatto conoscevano le proprietà curative e le caratteristiche botaniche di oltre 4000 piante.
Presso le antiche civiltà del Messico e del Perù la fumigazione era una componente fondamentale utilizzata in riti magici, religiosi e a fini curativi. Fu proprio con gli incensi che le popolazioni locali accolsero i conquistadores.
Le miscele di resine e piante utilizzate durante le fumigazioni sacre erano preparate dai sacerdoti i quali potevano anche assumere piante allucinogene per connettersi con gli dei e ricevere direttamente da loro le ricette da realizzare. Le sostanze aromatiche erano associate a determinati colori, suoni, pietre e addirittura agli astri. Le medicine venivano prescritte in base all’oroscopo del malato e ad un complesso calendario. Nella medicina era notevole il ruolo svolto dalle piante aromatiche e i forti effetti sul corpo ma anche sull’anima fino alla purificazione dai propri peccati.
I boschi dell’America Centrale e Meridionale ospitano una quantità immensa di piante officinali che alcune tribù tutt’oggi utilizzano a scopo curativo e nei rituali magici, molte delle quali sono ancora sconosciute in Occidente.
Uno degli incensi più importanti presso le culture precolombiane era la resina Copale definita “Fluido Vitale” nel Popol Vuh, il testo sacro dei Maya: venne donata agli uomini dal Dio della terra che la fece sgorgare dall’albero della vita. Per i Maya il Copale incarnava la presenza degli dei. La resina più pregiata era considerata quella secreta dagli alberi colpiti da un fulmine poiché significava che il dio dei fulmini intendeva donare la propria forza agli uomini. Era ritenuta così importante che non poteva essere toccata direttamente ma solo tramite strumenti in legno, tale tradizione esiste tutt’ora in alcuni gruppi indigeni. Si estrae da diversi tipi di alberi e piante. Esistono tre diversi tipi di Copale: bianca, oro e nera la cui miscela costituiva “l’incenso degli dei” che veniva donato alla divinità. Secondo la mitologia Popol Vuh le tre varietà di copale furono donate agli uomini da tre diversi giaguari, animale associato al culto del sole. Le tre diverse tipologie di Copale hanno diverse caratteristiche ma derivano tutte dalla stessa pianta: il Copale bianco viene raccolto quando è ancora liquido e fatto essiccare su uno strato di foglie, ha un profumo delicato e fruttato ed è utilizzato per purificare. Il Copale nero detto “della notte” è il più pregiato e costoso, ha un profumo balsamico e intenso e proprietà calmanti, viene utilizzato per entrare in contatto con i recessi celati e oscuri dell’anima e racchiude in sé l’energia delle tenebre. Il Copale oro, dal colore ambrato e dal profumo avvolgente e caldo, veniva bruciato dai Maya in onore del sole, stimola i sensi, la fantasia e l’intuizione.
Presso gli incas il Copale era consacrato al sole e considerato il cibo degli dei.
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